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rigatoni alle cozze

12 luglio 2020

MEMORIE ELBANE N.1 

Porto Azzurro, primi anni 60.

Uno scugnizzo magro, scalzo, con la pelle spellata dal sole, gli occhi ed i capelli scuri si incamminava verso casa.

Era affamato dalla mattinata trascorsa con  una banda di giovani scalmanati a tuffarsi  in mare dai barconi dei pescatori ormeggiati alla Rossa. Dopo, con la pelle fresca di acqua, si sdraiavano sulla spiaggia e giocavano a ricoprirsi il corpo di sabbia per sentirne il calore.

Ogni giorno, il ragazzino indugiava vagabondando tra il ristorante di Aladino ed il Delfino Verde di Paride: palafitte, a forma di nave, sospese sul mare elbano.

Renato si incantava a guardare, con la  bocca aperta, il pesce appena pescato esposto nella grande vetrina di Paride: tutto un  luccichio di squame e occhi vividi, di granchi enormi, di polpi viola; e poi, la meraviglia suprema: l’acquario con dentro le aragoste vive.

Mai, mai viste a Pomarance, cose del genere.

Era una contemplazione lunga, oziosa in attesa che all‘odore del soffritto si aggiungesse il profumo  inequivocabile del pesce messo a cuocere.

Il silenzio afoso dell’ora di pranzo era rotto, ma appena appena, dai rumori della cucina del ristorante, dalla cui finestra il cuoco buttava in mare gli scarti del pesce appena lavorato, che subito diventavano leccornia per altri nugoli di piccoli pesci.

Il mare, ricorda Renato, profumava di più.

La casa era proprio sopra il Bar Elba.

Zia Rossana lo accoglieva sempre con il suo solito buonumore, la sua piega perfetta delle sopracciglia disegnate con la matita, l’acconciatura impeccabile, le unghie smaltate di rosso e l’immancabile sigaretta in bocca.

Rapidamente zia cucinava: un poco d’aglio, un poco di prezzemolo, qualche pomodorino appena scottato e soprattutto il pesce: questa inconsueta meraviglia di gusci lucidi, rigati, di mollusche consistenze,  di viscidi inafferrabili bagliori argentei al sapore puro di mare.

Per quel ragazzino fu la scoperta dell’America.

Il pomeriggio, da solo, Renato continuava il suo vagabondaggio ameno e indolente punteggiato da scoperte e novità: con il naso attaccato alla vetrina della cartoleria Piga, nel centro del paese, il mio babbo rimaneva incantato ad osservare l’esposizione di cavallucci marini seccati, rimasti impigliati nelle reti dei pescatori; con i piedi sporchi e una maglietta spiegazzata si fermava, stupefatto, a guardare i maggiordomi che, in guanti bianchi, servivano signori in maniche di camicia seduti nelle poltrone delle loro barche, ormeggiate nel porto.

Ad una certa ora, usciva dall’ufficio il Patacchini, all’epoca Responsabile dell’Ufficio del Dazio.

Sempre elegantemente vestito, zio Elio si faceva il suo aperitivo al bar con gli amici fissi.

Era come è: un uomo di un acume formidabile unito ad un senso dell’umorismo tagliente ed intelligente; un uomo che parlava sempre per sfottò e che aveva una battuta pronta per tutti ma con l’espressione sempre seria in volto. Poi, quando le labbra si increspavano all’ingiù e gli occhi gli sorridevano, allora capivi che stava scherzando.

In tante estati elbane, Renato non lo ha mai visto in costume da bagno.

Arrivava il tramonto e, con esso, la magia di Porto Azzurro sfolgorava di caldi bagliori dorati.

Sul lungomare apparivano immancabilmente tre bancarelle: la prima vendeva il polpo lesso. Da un enorme tegame, il venditore inforcava una granfia del polpo, la tirava su e la porgeva a Renato che la mangiava direttamente dalla forchetta. Poi la forchetta veniva sciacquata in un bicchiere d’acqua e usata per il cliente successivo, con buona pace dell’haccp.

Nella seconda bancarella c’erano le cozze: questi gusci lucidi venivano aperti e mangiati crudi: mai sentito in bocca il sapore del mare così.

Nella terza c’era il cocomero: icona di allegria estiva.

Intanto i tavolini sulla piazzetta si riempivano di turisti: la gente mangiava fuori e per Renato anche questa era una novità assoluta. Con divertimento guardava il via vai di camerieri in camicia bianca e pantaloni neri e annusava l’odore dei piatti che passavano: spaghetti allo scoglio, risotti di mare, il profumo del pomodoro e dell’origano della pizza margherita e poi studiava con fitta curiosità il mistero di quella cosa mai vista apparire sulla tavola: qualcosa di rigonfio con una chiazza rossa sopra: il calzone ripieno!

Alle 20.30, prima di correre a casa per cena, quel ragazzino andava al porto a vedere arrivare la nave. Si tratteneva fino da ultimo, per guardare la cosa che davvero voleva vedere: dalla pancia nera della nave, ormai vuota, usciva, ammanettato e  trattenuto da due agenti, il detenuto. Il carcerato saliva immediatamente sulla camionetta che lo aspettava per portarlo su, al penitenziario dalle mura color sabbia di Porto Azzurro. 

Alle 21, ora in cui a Pomarance le faccende domestiche erano già completate, nell’appartamento sopra il bar Elba si cenava e dalla finestra si vedevano le luci delle barche nel porto; la piazza profumava di bouganvilles che accedevano di rosa acceso la notte blu di quel posto incantato.

Renato viveva questi mesi estivi lontano dalla sua famiglia e il suo paese così…tra lo stupore, la solitudine della scoperta, il divertimento, i profumi ed i momenti indimenticabili.

Come quello che mio padre mi racconta davanti al mare di Follonica una sera d’estate, guardando il profilo buio  dell’Isola d’Elba e le luci illuminate di Porto Azzurro in lontananza, a quasi sessant’anni di distanza.

Un giorno tutta la famiglia,  composta dagli zii Elio e Rossana, dai loro figli piccoli, Daniele e Claudia e da Evera, salì sul gozzo di Carlo Alberto, il fornaio del paese, in direzione della spiaggia di Barbarossa. Sulla barca c’era un pentolone enorme del diametro di circa 60 cm, coperto.

Arrivati alla spiaggia sul calare della sera, dopo aver fatto il bagno nell’acqua cristallina, gli uomini accesero il fuoco sulla spiaggia. Evera tirò  fuori una decina di limoni e un fiasco di vino.

Renato vide mettere sul fuoco il pentolone di alluminio e mentre zia Rossana lo scoperchiava a lui si spalancarono gli occhi per la meraviglia: il luccichio nero era inconfondibile: cozze.

Al ritorno, calata la notte, la barca scivolava silenziosa nel buio; si sentivano solamente risate e lo sciabordio dell’acqua sotto il gozzo. In lontananza, si avvicinavano le luci del paese.

Scendendo dalla barca, rumore di ciabatte e zoccoli sul selciato del porto, vestiti sporchi di sabbia, capelli incrostati di sale ed un tegame vuoto di gusci di cozze.

RIGATONI ALLE COZZE

Sono buoni, fidatevi!
Preparazione15 minuti
Cottura20 minuti
Tempo totale35 minuti
Porzioni: 4

Ingredienti

  • 1 kg di cozze
  • 5 cucchiai olio extra vergine di oliva , anche di più: a vostro gusto
  • 2 spicchi di aglio
  • 1 mazzetto di prezzemolo
  • un pizzico di peperoncino
  • 4 cucchiai di concentrato di pomodoro o se preferisci 5 o 6 pomodori pachino
  • 320 gr di rigatoni

Istruzioni

  • Per prima cosa, apri le cozze: metti le cozze in un tegame con un filo di olio, uno spicchio di aglio e un mazzetto di prezzemolo. Chiudi con un coperchio. Appena le cozze si saranno aperte, toglile immediatamente dal fuoco e falle raffreddare. Dopo sgusciale, tendendone da parte qualcuna completa di guscio che ti servirà per decorazione. Le altre tritale grossolanamente con un coltello.
  • Filtra l'acqua nella quale hai aperto le cozze e tienila da parte.
  • In una padella metti 4 cucchiai di olio extravergine di oliva, uno spicchio di aglio schiacciato e fai soffriggere.
  • A questo punto aggiungi le cozze e fai insaporire giusto un attimo.
  • Ora è il momento del concentrato di pomodoro che hai sciolto con qualche cucchiaino di acqua calda. Fai cuocere per cinque minuti. Quindi: sale, pepe e peperoncino.
  • A parte cuoci i rigatoni per metà del tempo di cottura indicato nella confezione (o anche meno, se hai tempo e pazienza di attendere la risottatura dopo!).
  • Scolata la pasta aggiungila al sugo e versaci poco per volta l'acqua di cottura delle cozze, girando spesso e assaggiando di tanto in tanto finché la pasta non sarà cotta.
  • Lascia riposare qualche minuto prima di servire.
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OPPURE PROVA QUESTE…

feta grigliata

feta grigliata

“IN UN PAESE ANTICO UN RAGAZZO CAMMINA IN SALITA ”
Silenzio assoluto.
Non rumore di vento perché l’aria è immobile.
Non rumore di uomo, perché a quest’ora non c’è nessuno.
Non rumore di mare, perché da quassù, in alto, lo possiamo solo vedere. Questo specchio blu.
Non azzurro. Non turchese. BLU. IL GRANDE BLU.
Oggi scrivo di te.

polpo all’elbana

polpo all’elbana

MEMORIE ELBANE N.2
Il mio babbo non smette di ricordare quelle estati infinite a Porto Azzurro.
Il profilo scuro dell’Isola è davanti a noi.
Lucciole lontane, nel buio, sono le luci di Capoliveri, Rio Marina e Naregno.
Lo sciacquio del mare, il rumore ipnotico del moto di ritorno delle onde che si infrangono sulla spiaggia suscita in Renato una risacca di ricordi, che rilascia ed abbandona, davanti ai nostri piedi, conchiglie di mondi scomparsi.

ragù

ragù

SILVANA

La Piazzetta San Dalmazio è una piccola piazza del centro storico di Pomarance; uno dei luoghi più pittoreschi del mio paese nel suo indubbio charme tipicamente toscano.
Dalla finestra della mia camera si vede il campanile e, se per un attimo faccio silenzio nella mia testa, la ricordo tutta innevata, deserta e silenziosa.
D’estate è come deve essere: assolata, con i suoi immancabili vasi di gerani, panchine e fontanelle d’acqua ronzanti di vespe.
In piazzetta San Dalmazio ci viveva Silvana.

4 Commenti

  1. Monica

    Grazie, mi hai fatto sentire la nostalgia di un tempo che non ho vissuto!

    Rispondi
    • badabusina

      Grazie a te Monica…comunque mentre Renato raccontava anche io ho invidiato le sue estati!

      Rispondi
  2. lucia

    Che belle estati che ha vissuto Renato! Che emozione i profumi dell’isola!!! E che buoni i rigatoni alle Cozze!!! Grazie Martina per questi momenti!

    Rispondi
    • badabusina

      Dei profumi dell’Isola ne sai qualcosa, vero Lucia?!! Grazie a te e…grazie a Renato che ci ha regalato i suoi ricordi magici!

      Rispondi

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