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«Bada Busina, il pepe pizzica! »

Seduta sul seggiolone accanto al babbo, con espressione arrabbiata ma anche un po’ saccente, una bambina di non ancora due anni brandiva il cucchiaio sul volto della nonna Rosina (Busina), rea di avere messo un po’ troppo pepe nella minestrina.

Fu una delle mie prime frasi di senso compiuto.

Sono Martina, ho 43 anni e vivo in un piccolo paese toscano con mio marito e i miei figli.

Il cibo e le parole sono le cose che mi piacciono di più.

Styling e foto: Aia_Meccanica 

Un giorno ho cambiato strada.

Un treno mi ha portato in una stazione calda di umanità frettolosa,  in strade fredde,  in vetrate appannate da cappuccini caldi.

Santa Maria del Fiore  è bellissima nel gelo di gennaio.

Alle cinque di mattina gli occhi mi brillavano.

Il trucco mi riusciva perfetto.

Entravo.

Appoggiavo il cappotto.

Stringevo un canovaccio nelle mani nelle stesse ore in cui, a  pochi metri di distanza, avrei dovuto  aprire il codice penale e dire: “Signor Giudice”.

Invece: squamavo pesci e pulivo acciughe, arrotolavo un croissant, annusavo il drangoncello e la maggiorana, marinavo un pezzo di fassona nella birra, sferificavo il Campari, disossavo un coniglio e per l’esame finale mi bruciavo nel forno, arrotolando cialde da accompagnare ad una bavarese allo yogurt con sciroppo di fragole.

Se qualcuno ha conosciuto la felicità pura quella sono stata io in quei giorni, nella cucina del Corso Professionale della Scuola di Arte Culinaria Cordon Bleu.

Felice e basta, come quando da adolescente ti si spalanca in faccia l’estate col profumo di gelsomino, crema solare, salsedine e libertà.

Dopo, è tornato tutto.

Mia nonna e le sue torte, un atavico mondo di donne in cui l’amore si trasmette attraverso pentolini  sul fuoco  in cui sobbolle piano la pomarola ed il profumo di basilico e pomodoro, che si spande nell’aria, ci evoca primordiali commozioni, come l’odore di latte sulla pelle di un neonato.

E tutto ho capito. La fascinazione per quel bicchiere d’acqua con una foglia di menta, servito su un vassoio d’argento con il centrino di pizzo e l’ossessione, incomprensibile negli anni dell’infanzia, per quei fiori indaco su un vecchio servito di piatti della Richard Ginori.

Questo è il mondo in cui voglio vivere.

E queste sono le atmosfere che voglio condividere. Qui.

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