uova di neve
27 marzo 2020
ANCHE I DIRIGENTI SI COMMUOVONO
Nell’estate del 1978, la Solvay s.p.a. aveva deciso di inviare in Francia il Sig. Venturi, dirigente di uno stabilimento di Ponteginori (PI), insieme al capo cantiere Sig. Frati e all’Ing. Zazza, capo servizio di cave e miniere.
Lo stabilimento francese doveva svolgere dei sondaggi per l’estrazione del sale e aveva bisogno di personale esperto in perforazioni per preparare una squadra di sondatori.
I tre, dunque, lasciarono il ridente paesello e partirono alla volta di Nancy.
Per festeggiare questa entusiasmante trasferta in terra straniera, decisero di fare tappa, al ritorno, ne La Grandeur.
Ahhhhh, che meraviglia deve essere stata per gli occhi di quei tre, abituati alla manciata di strade di Ponteginori, vedere quei lumi in ghisa che illuminavano la città di bagliori ottocenteschi, sentire risuonare nelle orecchie parole come boulevard, Montmartre, Les Tuileries. Già tutto era charme, fumo di Gauloises blu e La vie en rose che si spandeva nell’aria da un gracchiante grammofono.
Una sera, per festeggiare, i tre andarono a cena in un ristorante elegante vicino all’Arco di Trionfo, un locale con il dehors sulla strada chiuso da vetrate. Tutto molto classico.
Il dirigente Venturi conosceva pochissimo il francese, nonostante i suoi ripetuti viaggi in Belgio ed in Francia. Lo stesso dicasi per il capo cantiere Frati.
L’unico che aveva una qualche padronanza della lingua era l’Ing. Zazza il quale, in forza di questa sua misurata competenza, si assunse l’onere e l’onore di ordinare per tutti.
Preso tra le mani il menù, con fare inorgoglito dalla sua superiorità glottologica ma, al contempo, anche malcelatamente impacciato, elencò una serie di piatti che, anche solo a sentirli pronunciare, fecero catapultare gli altri due ponteginorini in un’altra epoca: un mondo in cui si scendeva da un taxi al 15 di Place Vendòme per sedersi, rigorosamente in smoking, alle tavole del Ritz e gustare le prelibatezze di Auguste Escoffier.
I tre si videro servire: patè de campagne, potage Parmentier, orate Bercy, in una rutilante cerimonia di gesti e di erre mosce, di tintinnare di forchette, cambi di piatto, ed un sottofondo di ohhh mais oui, mercy, c’est trè bon, c’est merveilleux.
Poi arrivò in tavola le dessert e l’alto dirigente Venturi, il funzionario imperturbabile, glaciale, irremovibile, fece un leggero balzo all’indietro con il busto, appena percettibile.
Chiamò il cameriere con un cenno e si fece portare il menù.
La lettura del nome del piatto per il funzionario inflessibile, austero, ai limiti dell’autoritario fu una vera sorpresa e la sorpresa si sciolse in un moto di lievissima tenerezza, come un sorriso allegro che si allarga nella pancia ma fa anche un po’ commuovere, perché per il dirigente Venturi il nome di quel piatto significava una sola cosa: mamma.
Les oeufs à la neige.
Mio zio ricorda che mia nonna cucinava sempre le uova di neve come dessert nelle cene importanti.
Quel piatto era un simbolo di eleganza in una famiglia che aveva conosciuto le ristrettezze economiche e che ora, invece, si poteva permettere il riscaldamento centralizzato, doppi servizi e finestre ampie da cui proveniva tanta luce che scacciava il ricordo di buie stanze anguste, dove mia nonna cuciva scampoli di stoffa fino a notte fonda per garantire ai figli la possibilità di studiare.
Le uova di neve sono stati il simbolo del riscatto come i cappotti nuovi, il televisore grande e le scarpe di pelle che mio nonno lustrava ogni giorno.
Mia mamma mi racconta una cosa che mi conferma quello che io penso, da sempre, in merito al cibo. Al suo essere testimone e tramite di affetto e di accudimento; al suo essere simbolo, gesto, parola muta di tutto quello che le parole non dicono, di momenti passati insieme, di voglia di ricongiungimento, di cultura familiare, di desiderio che il mio amore scenda nella parte più profonda del tuo corpo a dirti da lì quanto ti amo.
E’ stato uno degli ultimi compleanni della mia mamma nei quali mia nonna Maria era in vita. Purtroppo era già affetta dal Parkinson e quindi trovò molta difficoltà a fare la crema che è alla base delle uova di neve. Decise, quindi, di farsi aiutare da Ada, la dirimpettaia, una signora anziana quanto lei.
Purtroppo, anche ad Ada tremavano le mani e questa crema non venne bene.
Ciononostante mia nonna offrì a mia mamma il suo piatto di uova di neve, così imperfetto, sbagliato, raccontandole, senza vergogna, quello che le era successo, come a dirle tante… troppe cose…: voglio offrirti il meglio che io so fare anche se non lo so più fare, non mi vergogno di farti vedere i miei limiti perché tra madre e figlia non possono esserci questi imbarazzi, perché voglio dirti che sono vecchia e malata ma sempre la tua mamma, perché so di farti una compassionevole tenerezza, la stessa che ho provato quando da piccola ti ho visto per la prima volta in difficoltà, la volta che, per esempio, ti sei vergognata della nostra povertà davanti a qualcuno. Voglio dirti che me ne andrò presto e che mi dispiace che la tua voce non potrà più proferire la parola “mamma” perché sempre, sempre, sempre, avrai bisogno di me.
Tutto questo sono le uova di neve di mia nonna Maria.
Oggi è il 27 di marzo. E’ il compleanno di mia mamma.
UOVA DI NEVE
Ingredienti
- 500 ml latte intero (il più buono che trovate)
- 1 baccello di vaniglia
- 3 uova
- 20 gr zucchero a velo
- 80 gr zucchero semolato
Istruzioni
- Metti a bollire il latte con il baccello di vaniglia. Portalo a bollore e poi togli la vaniglia. Contemporaneamente metti a sul fuoco anche una pentola di acqua, bassa e larga, portandola ad una leggera ebollizione.
- Intanto dividi i tuorli dagli albumi e monta questi ultimi a neve ben ferma. Poi, molto delicatamente, setaccia lo zucchero a velo incorporandolo agli albumi senza smontarli.
- Con due cucchiai fai delle quenelle e con un colpo secco gettale nell'acqua. Girale in modo da cuocere gli albumi da entrambe le parti; scolale con una schiumarola e mettile ad asciugare su un canovaccio pulito.
- A parte, in un tegame che poi andrà sul fuoco, monta i tuorli con lo zucchero semolato finché non fanno "il filo".
- Aggiungi poco per volta il latte caldo, continuando a girare la crema con un cucchiaio di legno finché questo composto liquido magicamente non velerà il cucchiaio: la crema è pronta.
- Toglila dal fuoco e versala in un recipiente concavo. Quando è tiepida adagiaci sopra le uova di neve: et voilà: les ouefs à la neige.
OPPURE PROVA QUESTE…
insalata di salvastrella
SALVASTRELLA O LUPINELLA?
Oggi molti di noi hanno borse della spesa ecologiche, in tessuti naturali e con stupende illustrazioni, acquistate nella piccola boutique di primizie biologiche a Milano o all’ultima esposizione di arte contemporanea di Berlino. Se non ce l’hai, non sei nessuno.
Bellissima idea
Grazie di cuore Luisella. Un caro abbraccio
No Martina, non sei la solita foodblogger, e no, il tuo non è il solito blog dove scopiazzare una ricetta. C’è tutto un mondo qui, e tutti gli odori, i sapori e le atmosfere della più autentica Toscana. Bello nell’impaginazione, elegante nella scrittura, autentico nei testi di queste bellissime storie. E anche le foto non sono da meno. Insomma da seguire, assolutamente.
Cara Mariana,
il tuo commento mi commuove. Non potrei sognare di più . Che dirti….potessi lo metterei nell’homepage!!!
Un grandissimo abbraccio di cuore.
Martina
Con la ricetta delle uova di neve mi hai fatto piangere e ricordare la dolcezza infinita di nonna Maria…e il gran bene che le ho voluto…grazie Marti!!!🙏💖
Nonna Maria…eh…
Comunque nelle uova di neve sei anche doppiamente coinvolta!
Un abbraccio
La cosa bella di Bada Busina è che riesce a trasformare ogni piatto che racconta, anche il più semplice, in pura emozione regalandoci momenti, ricordi, attimi di vita vera. Complimenti davvero, sia per le ottime ricette, sia per la magica atmosfera che si crea in cucina, sempre più rara in questi tempi frenetici.
Grazie Lavinia,
effettivamente volevo proprio raccontare quell’atmosfera calda e serena che si viveva nelle cucine di una volta e che era legata ad uno stile di vita che ora non esiste quasi più (e che non c’è nemmeno nella mia di cucina, purtroppo!).
Ti ringrazio.
Martina
mi sono commossa..grazie.. È stato un tuffo in casa della mia nonna, con i suoi ultimi pranzi preparati con fatica
E mi farai preparare delle uova di neve immangiabili..
Cara Irene,
è davvero bello per me sapere di avere evocato ricordi tanto cari. Io parlo di me, ma le cose che ci emozionano davvero, spesso, sono comuni per tutti.
Un abbraccio
❤️
Le tue ottime ricette immerse in dei racconti di emozioni.e’ bello leggerti fino alla fine.Associare Il gusto di un piatto alla storia che c’è dietro, lo rende ancora più saporito.ottima idea.complimenti.
Grazie Brunella,
il tuo commento mi fa ancora più piacere perché proviene da una “non pomarancina”.
Sapere che è piacevole leggermi, anche se non si conoscono i personaggi e le loro storie, ha per me un grande valore aggiunto.
Un caro abbraccio.
Martina