il caffè in forchetta
A RIEMPIRE UNA STANZA BASTA UNA CAFFETTIERA SUL FUOCO
Una caffettiera enorme era sempre sul fuoco: qualcuno stava sempre per arrivare.
Arrivava Ottorina ad aiutare a fare le torte e poi Roberta ad assaggiarle: sfregava il dito nel pentolino della crema, lo faceva scorrere per tutto il bordo e poi se lo infilava direttamente in bocca.
Arrivava il contadino a portare i conigli, tenuti per le gambe a capo all’ingiù, e Miro a salutare.
Arrivavano i clienti a ritirare i vassoi dei dolci incartati con la carta bianca e il nastro d’oro e, subito dopo, altri clienti ad ordinarli. Rosina li faceva accomodare: serviva loro la tazzina del caffè e prendeva l’agenda blu dove scriveva gli ordini con la sua grafia a caratteri grandi, in un elegante corsivo.
Quando arrivava l’idraulico, il sig. Bellagamba, mia nonna gli apparecchiava il posto tavola con la tovaglietta a quadretti bianchi e blu e, prima del caffè, gli offriva un piatto di prosciutto, una fetta di pane e l’immancabile bicchiere di vino rosso: questo, ovviamente, a qualunque ora del giorno.
A sera, arrivavano a veglia i cosiddetti “vegliarini” dal Materino, un podere vicino al paese: si accomodavano sul divano e sulle sedie di cucina e via a chiacchierare…
Il caffè è uno dei profumi della mia infanzia ed il rumore gorgogliante della caffettiera sul fuoco mi scrive nell’animo la parola: affetto.
Mi ricordo perfettamente la prima volta che ho bevuto la mia prima tazzina di caffè: avevo diciassette anni, facevo la terza liceo e con questa tazzina in mano, un maglione di lana blu indosso e una versione di Tucidide davanti, mi sentivo ufficialmente entrata a fare parte del circolo degli Esistenzialisti, seduta a un tavolino sulla rive gauche tra Sartre e la De Beauvoir.
Poi ci sono stati gli espressi con le amiche nei bar di città, dove ci sediamo all’aperto e appoggiamo gli occhiali da sole sul tavolo, scoprendoci occhi luminosissimi; oppure in un cantuccio al caldo, a raccogliere le lacrime in un fazzoletto di carta.
Alla fine, ho dovuto bere anche caffè mancati di cui restano soltanto tazzine: quella bianca con il logo della torrefazione, da cui bevo con sorridente nostalgia ricordando quando Licia se la fece regalare dalla cameriera, e poi c’è quella rossa a motivi tartan.
Sta lì, nella mia vetrina, perché la morte di Franca ancora non l’accetto.
Quanti caffè ho bevuto con il magone sullo stomaco e una tristezza nera, nera come il più scuro dei caffè. Quanti caffè sono stati invece un momento di primavera, quando nell’aria e nella testa ci sono solo il profumo dei tigli ed una canzone di Rino Gaetano.
Ora, invece, le volte che usciamo con i bambini e con David ci diciamo: «Ci prendiamo un caffè?» questo è il solo momento di pausa che ci possiamo permettere, tra Orlando che si tira su per uscire dal passeggino: «Mamma-scende-bimbo-io», e Gilda che, a qualunque ora, vuole mangiare un ovetto di cioccolata o le patatine o le caramelle gommose. Insomma, un po’ come l’idraulico, il sig. Bellagamba.
CAFFE' IN FORCHETTA
Ingredienti
- 12 cucchiai di zucchero
- 6 uova
- 7 tazzine di caffè
- 2 bicchierini di rhum
- 1 bicchierino di maraschino
- la scorza di mezzo limone
Istruzioni
- Prepara il caffè con la moka e lascialo raffeddare.
- Poi prepara il caramello facendo sciogliere in una padella dal fondo spesso 6 cucchiai colmi di zucchero. Quando si sarà formato un caramello dal bellissimo colore ambrato, versalo nello stampo e cerca di ricoprire con il caramello tutte le pareti, facendo attenzione a non ustionarti!! Anche se molte volte questo passaggio è dato un po’ per scontato, fai molta attenzione perché, in realtà, l’operazione non è banale, soprattutto se lo stampo è di quelli col buco centrale: il caramello si solidifica in fretta e le pareti dello stampo bruciano!
- Altre difficoltà non ce ne sono.
Lavora le uova con i restanti 6 cucchiai di zucchero; aggiungi il caffè freddo, il Rhum, il Maraschino e la scorza di limone. A questo punto versa tutto nello stampo. Sul composto non vi deve essere schiuma perché in cottura brucia. Se c’è, toglila. - La cottura è a bagnomaria: metti, quindi, lo stampo in un recipiente riempito di acqua calda per circa 2/3. Cuoci a forno moderato (160° circa, ma anche 140° se
vuoi stare più tranquillo) per un tempo abbastanza lungo (circa 40 minuti). Quando premendo un dito sulla superficie del dolce, la sentirai elastica e compatta, il caffè in forchetta è pronto.
Note
oppure prova queste…
cantucci con l’anice
GRADISCE UN CAFFE’?
La conosco da sempre perché abita nella stessa via dove abitavo da piccola.
La incrocio quasi quotidianamente, a passeggiare lungo le mura, col suo passo lento e le braccia incrociate dietro alla schiena. Quando va a fare la spesa porta con sé un cestino di vimini foderato di stoffa a fiori. E solo con questo particolare, vi ho detto molto di lei.
Grazie Martina per la tua ricerca di questa toscanita’ che un po’ è andata perduta e un po’ ci è stata rubata.
Io non sono su Facebook ma ogni volta che fai qualcosa di interessante puoi inviarmi il link sulla mia posta. Sarà sicuramente gradito.
Ciao
Loretto
Caro Loretto,
è vero, stiamo perdendo un pò di cose per strada… non solo la toscanità!
Mi fa molto piacere ricevere il tuo commento, soprattutto in fondo a questo post… purtroppo noi sappiamo perchè.
Sicuramente ti terrò informato, ma tu ogni tanto passa a trovarmi qui tra le mie pagine.
Un caro saluto.
Martina
Marti è molto bello il racconto del caffè in forchetta…mentre leggevo ho rivissuto di la cucina di nonna Rosa con i suoi inebrianti profumi ed il suo caldo disordine che ti avvolgeva e ti faceva sentire a CASA…sei stata bravissima davvero…è un blog molto coinvolgente…molto diverso dai soliti blog di cucina…💝
Cara Silvia,
il caldo disordine della cucina di nonna Rosa è una descrizione molto bella e vera del suo “regno”.
Un abbraccio “caldamente disordinato “
Brava, brava, brava!!! Mi hai fatto ricordare tante cose, leggendoti ho riassaporato un po’ di quando ero piccina, la tua nonna che veniva da noi per fare i dolci in occasione di qualche matrimonio, dove in una stanza per un giorno intero si riunivano tutte le donne.
Oggi ho fatto il caffè in forchetta, avevo la ricetta della tua nonna (che diceva se il caffè è troppo forte mettici una tazzina di latte), ed è stato un successo!
Cara Moira,
questo è il bello del paese: una trama fitta di personaggi e rapporti indelebili.
Mi fa piacere che tu abbia ricordato il consiglio della mia nonna: esempio di una cucina non statica e fredda nelle dosi e nelle procedure, ma una cucina del cuore, del gusto e della personalità di ogni donna.
Grazie
Martina
Carissima, la tua ricetta del caffè in forchetta mi incuriosisce molto, ma ho qualche dubbio: le uova sono con l’albume o solo tuorli. Non vorrei consumare gli ingredienti. Grazie per l’attenzione e a presto
Ciao Cinzia, le uova sono intere. Grazie mille e fammi sapere!
Ho letto alcune ricettestorie e credo che la cosa più bella sia la loro originalità. Alcune intendo non le trovi da altre parti. E poi, i personaggi di cui racconti, hanno già preso forma nella mia testa e non vedo l’ora di ritrovarli in qualche altra storia, come se, invece di un sito di cucina, stessi leggendo un romanzo, dove ci sono miriadi di persone, profumi , sapori cui affezionarsi o nei quali ritrovarsi.
Cara Giada,
queste persone affollano davvero la mia vita, la mia testa ed i miei ricordi e sicuramente ritorneranno in queste pagine. Da accanita lettrice, mi hai fatto un complimento stupendo.
Grazie.
Martina