cantucci con l’anice
31 ottobre 2019
GRADISCE UN CAFFE’?
La conosco da sempre perché abita nella stessa via dove abitavo da piccola.
La incrocio, quasi quotidianamente, a passeggiare lungo le mura, col suo passo lento e le braccia incrociate dietro alla schiena. Quando va a fare la spesa porta con sé un cestino di vimini foderato di stoffa a fiori: e solo con questo particolare, vi ho detto molto di lei.
Elsa è uno dei personaggi di Pomarance, una di quelle figure emblematiche che caratterizzano il luogo in cui vivono al pari del bar di piazza, dei Giardinetti, del campanile del Marzocco. Questo è il paese: un impasto secolare di piazze e soprannomi (“Carla di Fagiolo”, la “Schioppa”, “Elsa di Sereno”), fontanelle e alberi genealogici.
Elsa è sempre uguale, nonostante il passare degli anni: indossa completi di lana e porta i capelli lunghi intrecciati in una crocchia bassa.
Un personaggio mastodontico quanto ad aneddoti e personalità. Si narra che una volta picchiò pure il prete.
E’ rimasta signorina e vive da sola in una casa con la facciata appena ridipinta di celeste polvere.
Elsa parla un italiano correttissimo, ha un eloquio forbito. Non so se abbia studiato o meno da ragazza, cosa che ha fatto sicuramente sua sorella, la mia maestra Angiolina, ma tutto in lei parla di formalismo e di grande senso del rispetto.
Per qualche tempo Elsa ha fatto l’accompagnatrice sul pulmino giallo delle scuole materne ed elementari. Sempre si è rivolta ai bambini così piccoli dando loro del Lei: una meravigliosa, stravagante assurdità.
Ecco, oggi andiamo a trovare Elsa.
All’apertura della vecchia porta di legno, la sua voce ci accoglie con un cordiale: «Venga, si accomodi, prego».
E noi saliamo la prima rampa di scale per entrare in una piccola stanza con una porta finestra che dà sul giardino. Qui troviamo Elsa, immersa in una miriade di cenci da rassettare, cucire, ricamare.
E’ una sarta, una ricamatrice bravissima, di quelle che, finite queste, non esistono più. Da lei andiamo se dobbiamo fare il rammendo invisibile sulla camicetta di seta più preziosa, confezionare il vestito rotto alla bambola antica, rinfrescare la tappezzeria di una vecchia chaise longue.
In questa stanza Elsa non è mai sola: in compagnia delle chiacchiere di altre signore, il pomeriggio si fa lieve e la postura ingobbita della ricamatrice trova un po’ di sollievo.
Come da cliché, Elsa sa sempre tutto, ma te lo dice nel suo modo intelligente e divertente. Inizia a parlarti MAI facendo il nome del soggetto de quo, dandoti prima piccoli dettagli: «allora è stata promossa di grado la signora eh…» e srotolando poi tutte le informazioni necessarie: «così in Comune ha l’ufficio più vicino al suo caro eh…» affinché tu capisca di chi e di cosa si parla. In questo modo, veniamo a conoscenza delle ultime vicende paesane: chi si è lasciato, chi ha tradito, chi aspetta un figlio. Pirandello docet.
Da Elsa la chiacchiera è un’arte, un divertissement: non si indugia con malevolenza sulle vicende altrui, non c’è il ricamo giudicante ma solo succulenti dettagli e moltissimo distacco.
Poi Elsa ci chiede: “Gradisce un caffè, un tè?”
E io gradisco sempre perché so che sto per essere spettatrice dello spettacolo più accurato mai messo in scena in quanto ad ospitalità.
Nella sua cucina (con attaccato alla parete un vero tesoro di tegami in rame – memorie di antica storia domestica- che, giuro, mi sogno anche la notte!!), Elsa prepara il caffè con cura estrema.
Mi offre la vecchia tazzina con il piattino, appoggiato su un tovagliolo splendidamente ricamato e poi mi porge la vecchia zuccheriera.
Sempre in questi momenti, Elsa rammenta le ore trascorse a cucire con mia nonna Maria, nottate passate chine su vestiti da terminare per tempo, intrecciando fili e confidenze per comporre il ricamo saldo di una vita intera. E poi, con parole in bianco e nero, mi traccia profili di persone sconosciute ma a me, comunque, care: il mio bisnonno Adamo, la mia bisnonna Evangela.
Io, invece, sempre mi rammento un’altra cosa.
Avrò avuto otto anni. Mia mamma mi portò da Elsa con lei. Io avevo sete. Chiesi un bicchiere d’acqua.
Mi vidi arrivare una vassoio piccolo, d’argento. Sopra c’era un centrino di pizzo. Sopra ancora un bellissimo bicchiere, grande, di vetro sfaccettato con l’acqua. Dentro Elsa c’aveva messo due cubetti di ghiaccio, una scorza di limone e qualche foglia di menta.
Ripeto e puntualizzo: avevo otto anni. E: bummmm!!
Qualcosa è esploso in me da qualche parte: ho preso quell’istantanea e l’ho riposta nel cassetto delle polaroid e negli anni è sempre uscita fuori, vintage, sbiadita e cara come assoluto esempio di ospitalità.
Elsa è l’incarnazione di un mondo domestico ormai tramontato, modesto ma regale, un mondo che per me rivive in una moltitudine di ricette dimenticate che un giorno Elsa mi regalò in un pomeriggio trascorso insieme, recitando a mente dosi ed impasti, offrendomi aneddoti consumati dal tempo e cantucci con l’anice.
Ovviamente su vassoio d’argento.
CANTUCCI CON L'ANICE
Ingredienti
- 2 uova
- 200 gr zucchero
- 50 ml latte intero
- 25 gr burro , fuso
- ½ bustina di lievito per dolci
- 2 cucchiaini di semi di anice
- 400/500 gr circa di farina
Istruzioni
- il procedimento che io ti ripoto (esattamente come è stato riferito a me) è quello tipico delle casalinghe di una volta, poco attente alla ortodossia della pasticceria. In pratica: metti tutto insieme (uova, zucchero, latte, lievito e anice). Mescola bene il tutto e, sempre mescolando bene, aggiungi il burro fuso.
- Ora è il momento della farina la cui giusta quantità è "quanta ne prende" .Per cui non ti preoccupare se la dose è diversa da quella scritta sopra: l'importante è che il composto sia morbido ma si possa maneggiare al punto da formare come dei filoncini di pane larghi circa 10-12 cm.
- Inforna a 170° per circa 30 minuti o finché non prendono un pò di colore.
- Sfornali e lasciali raffreddare prima di tagliarli a fette di circa 2 cm.
Note
OPPURE PROVA QUESTE…
uova di neve
ANCHE I DIRIGENTI SI COMMUOVONO
Nell’estate del 1978, la Solvay s.p.a. aveva deciso di inviare in Francia il Sig. Venturi, dirigente di uno stabilimento di Ponteginori (PI), insieme al capo cantiere Sig. Frati e all’Ing. Zazza, capo servizio di cave e miniere.
Lo stabilimento francese aveva bisogno di personale esperto in perforazioni.
I tre, dunque, lasciarono il ridente paesello e partirono alla volta di Nancy…
mele al forno
L’ODORE DELLE CASE DEI VECCHI
“A questa domanda, da ragazzi, i miei amici davano sempre la stessa risposta: “La fessa”.
Io, invece, rispondevo: “L’odore delle case dei vecchi”.
La domanda era: “Che cosa ti piace di più veramente nella vita?”
Ero destinato alla sensibilità.
il caffè in forchetta
A RIEMPIRE UNA STANZA BASTA UNA CAFFETTIERA SUL FUOCO
Una caffettiera enorme era sempre sul fuoco: qualcuno stava sempre per arrivare.
Arrivava Ottorina ad aiutare a fare le torte e poi Roberta ad assaggiarle: sfregava il dito nel pentolino della crema, lo faceva scorrere per tutto il bordo e poi se lo infilava direttamente in bocca.
Arrivava il contadino a portare i conigli, tenuti per le gambe a capo all’ingiù, e Miro a salutare.
Cara Martina, leggere questo tuo blog mi ha riportato indietro di quarant’anni! Le mie torte di compleanno le faceva sempre la tua nonna Rosa che ricordo con grande affetto❤️ Ricordo l’attesa e l’immaginazione e poi la gioia di andare a ritirarla, in casa vostra! L’odore di burrini e cantuccini era inebriante, su per le scale e trovavi lei, piccola, magra, tenera, con la vestaglia ed il grembiule che ti portava dalla tua torta. Con aria umile e con un sorriso accennato te la mostrava cercando l’approvazione che era inevitabile! Fiorellini perfetti fatti a mano con il burro montato e quasi sempre rosa con le foglioline verdi tenue. Che gioia, che emozione ogni volta quella torta meravigliosa! Ricordo tutto, espressioni, stati d’animo, colori, sensazioni e se mi concentro bene anche gli odori unici! Brava per quello che scrivi, per questa bell’idea e per avermi fatto ricordare momenti felici della mia vita😘🌹
Cara Chiara,
a dire la verità anche tu hai fatto un grande piacere a me nel ricordare la mia nonna. A volte si rimane nel cuore delle persone con piccole cose, come una torta di compleanno! Però buonaaaaa!
Un saluto.
Cara Martina,
Forse fonderò veramente un tuo fanclub, non conoscevo questo tuo lato.
Hai descritto in modo particolare e veritiero Elsa, una grande amica di mia nonna, che da piccina quasi “esigeva” che le facessi la linguaccia, e una delle prime cose che ha insegnato ad Ernesto a fare appena ne è stato capace.
I biscotti all’anice, le mele al forno mi fanno ritornare bambina.
Complimenti… Pensa che mi hai fatto scrivere un commento, di solito sono restia a queste cose…
Cara Ilaria,
vedi che sorprese che ti faccio!
Aspetto la pagina: Badabusina Official Fan club!
Ti mando un abbraccio con affetto
Grazie, per il tocco di eleganza.. per aver rispolverato ricordi , profumi ed emozioni
Cristina
Grazie a te!!!
La mia nonna Irene faceva spesso questi biscotti. Aveva un bel caratterino e quando se n’é andata,nel 2000,ci ha fatto la sorpresa di aver regalato a qualcuno il suo Artusi con dentro tutte le ricette di una vita. Proveró subito questa ricetta per sentire di nuovo quel sapore. Grazie
E’ un grande peccato, un vero “patrimonio” perduto. Grazie a te